Il caso Barnabei

Il 22 settembre del 1993 alle ore 18, il corpo di Sarah Wisnoski viene trovato nel Lafayette River a Norfolk, Virginia. Sarah aveva 17 anni, era una matricola alla Old Dominion University. L’investigatore capo della squadra omicidi, Shaun Squyres, ha il compito di svolgere le indagini. I sospetti si concentrano subito sul fidanzato di Sarah, Derek Rocco Bamabei. L’omicidio è avvenuto nella sua stanza nel campu dell’università.

Il processo si apre il 24 maggio 1995 e dura 23 giorni. La pubblica accusa è impersonata da Chuck Griffith, il giudice è William Rutherford, Barnabei è difeso da James Broccoletti. Sarah Wisnoski è stata violentata e assassinata: dieci colpi, probabilmente inferti con un martello, ha segni di asfissia, un morso al collo. Il caso è “circumstancial”, cioè basato su circostanze. Non esistono prove dirette a carico di Barnabei: non viene trovata l’arma del delitto e non ci sono testimoni oculari. Sulle scene del crimine vengono raccolti sessantasei oggetti. Su alcuni viene fatto il test del Dna, su altri no.

A scontrarsi in aula sono due versioni diametralmente opposte. I testimoni presentati dall’accusa sono i quattro studenti che abitano nello stesso appartamento di Barnabei

Rocco sostiene invece che sono stati proprio loro, durante la sua assenza i veri colpevoli.

Barnabei accusa i suoi accusatori: Wirth e Bain, che avrebbero agito insieme a quello che lui conosce come Stu, un ragazzo che circa una settimana prima dell’omicidio aveva cercato di violentare Sarah a un toga party. McMillan non compare in tribunale. Nessuno lo trova, dicono che sia sparito. Barnabei grida la sua innocenza.

La giuria si riunisce per deliberare. Prima di decidere, i giurati chiedono per iscrìtto al giudice Rutherford se, in base alle leggi vigenti, l’imputato possa essere condannato all’ergastolo senza possibilità di uscire, neppure per buona condotta. Rutherford risponde: “Siete in possesso di tutti gli elementi per decidere, non intendo rispondere a questa domanda”.

Il 15 giugno 1995 la signora Creeth, portavoce della giuria composta da dodici membri, emette il verdetto di colpevolezza.

Il 29 agosto del 1995 il giudice Rutherford conferma la sentenza. Il 14 settembre 2000, dopo una serie di appelli respinti, Derek Rocco Bamabei viene ucciso tramite iniezione letale nel carcere di Greensville a Jarratt, Virginia. Un’ora dopo l’esecuzione, in un bar di Virginia Beach, si brinda con un cocktail creato per l’occasione: si chiama “lethal injection”. Ad alzare i calici c’è anche Stu, Stuart McMillan. In tutti questi anni ha sempre lavorato lì. Non si era mai allontanato di un chilometro.

Le leggi della Virginia avrebbero consentito alla giuria di condannare Derek Rocco Barnabei all’ergastolo senza possibilità di uscire per buona condotta. Ci sarebbe stato tutto il tempo per continuare a cercare le prove a sua discolpa.

«Vi chiedo di continuare a lottare per me. Questo è il mio testamento spirituale e un piccolo gesto di ringraziamento per ciò che avete fatto. Vi voglio bene, davvero. E continuate a pregare per me. Mi spiace molto, ma devo andare prima che mi trascinino via». Primo pomeriggio del 7 settembre 2000. Dalle frequenze di Radio24, le parole del trentatreenne risuonano forte in Italia. Non è la prima volta. Il dialogo a distanza tra l’emittente e questo giovane di Norfolk, in Virginia, va avanti da tre mesi.

 

 

Quel giorno, però, è il momento delle battute finali. That time is now, il tempo è scaduto, come afferma la fredda burocrazia carceraria. Da quel saluto, Derek Rocco Barnabei è un dead man walking, un uomo morto che cammina. Verso l’iniezione letale. L’esecuzione è fissata sette giorni e qualche ora dopo.

 

Nel frattempo, il condannato è sottoposto al death watch: trasferito nel carcere dove si trova la camera della morte, è confinato in isolamento e controllato ventiquattro ore su ventiquattro. Fino a quando non sarà consegnato nelle mani del boia che, negli Stati Uniti del Ventunesimo secolo, ha le sembianze asettiche di un lettino da ambulatorio. Là, alle 21.04 del 14 settembre 2000, una dose di cloruro di potassio gli avrebbe arrestato il cuore. Già prima della vita, però, lo Stato ha spento la voce di Barnabei, capace di risuonare da una sponda all’altra dell’Atlantico.

 

A costruire l’inedito ponte, un giovanissimo e neo-assunto assistente ai programmi dell’allora direttore Giancarlo Santalmassi su Radio24: Alessandro Milan. È lui a mandare in onda, nell’estate del 2000, per la prima volta nel nostro Paese, una serie di interviste con un detenuto nel braccio della morte. Barnabei appunto, condannato, il 12 giugno 1995, dopo un’inchiesta piena di incongruenze, per lo stupro e l’omicidio della fidanzata, Sarah Wisnosky, avvenuto due anni prima, quando la vittima aveva 17 anni.

 

Un delitto atroce per cui Barnabei ha proclamato, fino all’ultimo, la propria innocenza. E lo stesso ha fatto sua madre, Jane, che, nell’intento disperato di salvare il figlio si è rivolta all’Italia, nazione d’origine del defunto marito, come rivela il cognome. Là si è imbattuta in un caparbio assistente ai programmi: da quell’incontro sarebbe nata un’esperienza radiofonica inedita e un’avventura umana profonda.

 

Ancora adesso, Alessandro Milan fatica a riconoscersi un pioniere: si limita a dire di aver scoperto che la Virginia consentiva telefonate ai condannati alla pena capitale. «Basta chiedere l’autorizzazione e sperare. La risposta è arrivata a stretto giro. Mi hanno dato un numero da chiamare e hanno aggiunto ‘chieda pure di Barnabei’. Ho avuto poco tempo per prepararmi a un’intervista così delicata», rievoca l’ormai affermato giornalista e conduttore di Radio24 in Un giorno lo dirò al mondo che oggi esce per Mondadori.

 

L’uscita del libro coincide proprio con l’abolizione della pena capitale nel primo Stato del Sud degli States. Nonché quello che per primo l’ha introdotta, nel 1608, e che più condannati ha messo a morte: 1.400. Camera e Senato locali si sono espressi a favore dell’eliminazione.

 

https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/studioaperto/un-giorno-lo-diro-al-mondo-la-storia-vera-di-derek-rocco-barnabei-condannato-a-morte-in-virginia_F310639101245C10

 

https://www.radioradicale.it/scheda/137606/io-sono-il-mare-cronache-dellamorte-annunciata-di-derek-rocco-barnabei-presentazione

 

24 Marzo 2021

Detiene il record delle esecuzioni capitali negli Stati Uniti dopo il Texas, ma da oggi la Virginia archivia definitivamente la pena di morte. A febbraio era arrivato il via libera del Parlamento statale, e oggi è stato il giorno della firma – scontata – del governatore democratico Ralph Northam, da sempre abolizionista. “Firmare questa legge è la cosa giusta da fare. Non c’è posto per la pena di morte nel nostro Stato, nel sud e nel paese”, ha detto Northam che chiude per sempre la ‘camera della morte’ nel penitenziario di Greensville, dove dopo una controversa vicenda giudiziaria nel 2000 venne giustiziato anche Derek Rocco Barnabei. Per lui si mobilitarono anche il Parlamento europeo e Papa Giovanni Paolo II, chiedendo che gli fosse risparmiata la vita.